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PASTORALE DIGITALE

Immagine del redattore: #APERTOPERFERIE#APERTOPERFERIE

Aggiornamento: 19 mag 2020

La comunicazione oggi: attenzioni relazionali per moderare e gestire i flussi comunicativi.

Quale comunicazione?

La comunicazione può essere descritta a partire da tre elementi o dimensioni. La prima è quella interattiva, supportata dalla facilità d’uso dei dispositivi e dalla disponibilità dell’accesso. Se, ad esempio, dovessi decidere di accedere e accendere un dispositivo per ogni tipologia di comunicazione, certamente avrei bisogno di maggiore tempo, con due conseguenze: un significativo aumento del tempo necessario alla presa di decisione (meno immediata e più ragionata) e un’importante riduzione del numero di messaggi e comunicazioni prodotte, snellendo il flusso comunicativo. La seconda dimensione è sociale. In una rete di relazioni e comunicazioni come quelle che avvengono nei social media, il punto centrale è dato dalla condivisione dei messaggi, dalla partecipazione al medesimo scenario. Sono sempre due le conseguenze: la necessità di un’educazione al digitale, fatta di autoregolazione e conoscenza dei linguaggi, e l'importanza di agire con responsabilità nel momento in cui è il soggetto a decidere con chi condividere i propri messaggi e quale tipo di relazioni attivare. La terza dimensione è quella autoriale, poiché la comunicazione non viene legittimata da un mediatore che autorizza la diffusione di quel dato messaggio (come succede per le redazioni) ma è affidata al soggetto stesso. «Siamo autori, partecipiamo alla sceneggiatura, dettiamo i contenuti, prendiamo posizioni e partecipiamo: non sono azioni automatiche, questo è chiaro, ed è per questo che vanno educate attraverso l’esempio, la riflessione e le buone pratiche» (Carenzio, 2018 in Brambilla, Rivoltella).

Mediare la comunicazione online

Gli elementi che segnano la comunicazione sincrona (pensiamo qui alle chat in Whatsapp, nei gruppi dedicati alle diverse attività) e asincrona, nei diversi ambienti di relazione, fanno riferimento ad alcuni elementi: velocità, sintesi, immediatezza, permanenza, presenza di linguaggi diversi (video, testi, audio). Si tratta quindi di una complessità importante. Riflettere sulle dimensioni discusse in introduzione e su questi elementi porta all’adozione di un comportamento responsabile, critico, “presente” e previene la diffusione di comportamenti di segno opposto basati sul concetto di “stupidità digitale” introdotto da Marc Prensky qualche tempo fa (Prensky, 2010) come cyberstalking, flaming, cyberbullismo, messaggi offensivi. Ecco che padroneggiare le “regole del comunicare”, imparare a essere bravi moderatori, è essenziale.

Quali attenzioni e quali domande possiamo porci? Se parliamo di regole, viene da sé chiedersi: quali regole? E come farle rispettare in un contesto non formale? Per rispondere a queste domande proviamo a ricorrere a un approccio educativo che pone l’accento sulla negoziazione e il confronto tra più soggetti coinvolti nella relazione: la pedagogia del contratto (Meirieu, 2002). Nei contesti pastorali parliamo di educatori, animatori e bambini: un incontro che deve nascere dalla condivisione del problema, dall’analisi delle possibili risoluzioni e dalla comprensione vicendevole delle emozioni possibili che si potrebbero creare. In questo caso specifico si tratta di negoziare le regole di utilizzo, come posso vivere al meglio lo spazio digitale che mi è dato?

Meirieu, nei testi sull’educazione, propone la co-costruzione di regole e soluzioni comuni. Il presupposto è dare valore ai soggetti. L’idea del contratto nasce dallo sviluppo e dalla crescita di entrambe le parti iscrivendo il tutto in un quadro di responsabilità condivisa. Ecco perchè non proporremo regole date, universali e capaci di lavorare bene in qualsiasi contesto, ma pensiamo sia meglio fornire alcune attenzioni relazionali che le singole comunità e gruppi possono mettere in forma in maniera collaborativa, con i ragazzi e con gli educatori. Solo così c’è garanzia che questo patto funzioni davvero.

Attenzioni relazionali


Vediamo ora alcuni aspetti importanti della dimensione relazionale delle web communities. Quando si attivano le relazioni in rete per prima cosa si deve tenere in considerazione che non ci troviamo davanti ad un luogo fisico e che ci si esprime attraverso una moltitudine di linguaggi come la scrittura, le emoji e immagini. Dunque il primo punto di attenzione è assicurarsi di scegliere la modalità di comunicazione che più si addice al tipo di messaggio che dobbiamo condividere e ai tempi in cui vogliamo che questo messaggio sia recepito e a quando ci aspettiamo una risposta. I media hanno potenzialità diverse e offrono modalità di interazione diversa, quindi capire come essi funzionano e quali potenzialità possono offrire è il primo step da seguire. In secondo luogo, quando si passa da una comunicazione faccia a faccia a una a distanza, quindi mediata e resa possibile da un sistema di tecnologie, è necessario tenere aperto il canale di comunicazione ovvero: “in Rete chi non si fa presente comunicando è come se non esistesse” (Maffeis e Rivoltella 2019: 7). Questa caratteristica ci chiede un'attenzione all’inclusione ancora maggiore rispetto alle relazioni in presenza: non solo ai linguaggi che utilizziamo, ma anche a uno sguardo attento verso chi potrebbe rimanere escluso dalla comunicazione in Rete. Questa esclusione potrebbe essere causata sia dalla mancanza delle necessarie tecnologie (una connessione internet veloce, un supporto adeguato), sia dalla mancanza delle conoscenze e competenze necessarie (per esempio per attivare videochiamate di gruppo, attivare un live streaming su Facebook, una diretta su Youtube ecc). Infine, nelle comunità online prevalgono forme comunicative emotive che mirano ad avere un impatto forte sui destinatari (Maffeis e Rivoltella 2019: 8). Gli effetti di questa forma di comunicazione può incentivare la solidarietà permettendo di portare conforto e far sentire la nostra vicinanza nonostante la lontananza fisica, ma al contempo anche portare al malinteso e al pettegolezzo. Se la comunicazione attraverso i media è impostata su una logica di condivisione, inclusione e solidarietà, allora come sottolinea Papa Francesco (2019) la Rete diviene una risorsa per implementare le relazioni.

Bibliografia essenziale

F. G. Brambilla, P. C. Rivoltella, Tecnologie pastorali, Morcelliana Scholé, Brescia 2018.


A. Carenzio, P. C. Rivoltella, M. Rondonotti (2019), Connessioni comunitarie: la media education nell’azione pastorale, in F. Bruni, A. Garavaglia, L. Petti (a cura di), Media education in Italia. Oggetti e ambiti della formazione, Franco Angeli, Milano.


I. Maffeis, P. C. Rivoltella (2019), Introduzione in, Papa Francesco, Dalle communities alle comunità. Commenti al Messaggio di Papa Francesco, ELS La Scuola, Brescia.


P. Meirieu (2002). I compiti a casa. Genitori, figli, insegnanti: a ciascuno il suo ruolo, Feltrinelli, Milano.


M. Prensky (2010), Homo sapiens digitale: dagli immigrati digitali e nativi digitali alla saggezza digitale, TD Tecnologie didattiche - 50.

Scheda a cura del gruppo Pastorale Web del CREMIT (Alessandra Carenzio, Elisa Farinacci, Eleonora Mazzotti, Marco Rondonotti), Università Cattolica del Sacro Cuore.


I media oggi: non solo strumenti

Ci troviamo oggi in una società in cui i media hanno permeato le nostre realtà al punto tale da darle per scontate come presenze assolutamente naturali e ormai imprescindibili nelle nostre vite. Siamo diventati a pieno titolo una “società multischermo” (Pinto 2005, Rivoltella 2006): sono ovunque, accessibili in ogni momento, e sempre più personali, veri e propri “pezzi di noi” (Rivoltella 2017). A questo punto la domanda che emerge è: che ruolo hanno o potrebbero avere nelle nostre interazioni quotidiane, nelle nostre relazioni interpersonali e comunitarie?

Possono i media andare oltre la loro funzione strumentale di vetrina in cui esibire il proprio narcisismo per attivarci in una dimensione più comunitaria? In questa logica si enfatizzano le capacità dei media di mantenere connesse persone che già si conoscono ma anche di attivare nuove connessioni. In una web community “pur in assenza di un luogo fisico in cui identificarsi [...] vivono comunque processi di identificazione e appartenenza” (Maffeis e Rivoltella 2019; 6), in cui si possono attivare occasioni di solidarietà e condivisione con gli altri. Per far in modo che queste community siano qualcosa di più di un insieme di individui, dobbiamo considerare i media come un prolungamento dell'incontro faccia a faccia e non come un sostituto di esso: se le comunità parrocchiali e diocesane usano i media per rimanere unite e promuovere un senso di comunione nei momenti di isolamento e nell’attesa dell’incontro in carne ed ossa, allora essi hanno il potenziale per diventare tecnologie di comunità (Rivoltella 2017), l’importante è ricordare che è nostra la scelta se i social si comporteranno da “spazio di incontro, relazione e confronto, o luogo di denigrazione, aggressione o offesa” (Rivoltella 2019:127) in quanto essi non producono effetti da soli, ma siamo noi che decidiamo come usarli. La domanda allora è: può la pastorale non toccare con mano il digitale come tema esistenziale e non solo come occasione strumentale?


I media per la pastorale


Se consideriamo i media non solo come strumenti o uno dei linguaggi possibili per raggiungere più persone o come supporto audio-video, viene da sé provare a inserirli nei contesti pastorali come occasioni per creare, discutere e produrre. Entrando nel vivo dei media sociali ci accorgiamo di come essi ben si integrino - in oratorio - durante gli incontri a distanza o in presenza, nelle diverse funzioni che possono svolgere:

  • co-authoring (produzione condivisa), fa riferimento alla collaborazione, al produrre insieme anche se distanti fisicamente.

  • tagging (“etichettatura”), permette di segnalare l’etichetta dell’argomento trattato, per richiamare quei contenuti in rete che presentano la stessa parola (o etichetta);

  • sharing (condivisione), rimanda alla condivisione di contenuti (creati e trovati in rete) ritenuti utili per il gruppo.

La parola chiave nel considerare i media in pastorale sembra essere autorialitá: la possibilità per il soggetto di non essere solo fruitore di un contenuto, ma di essere produttore attivo di post, infografiche, video, podcast, in ottica di responsabilità, di cittadinanza e testimonianza cristiana.


I profili di comunità

Un paio di anni fa, il nostro gruppo di ricerca ha voluto proporre un questionario dal nome “evocativo”: UTOP.IE (Usi delle Tecnologie tra gli Operatori Pastorali. Indagine esplorativa). Grazie alle numerose compilazioni da parte di operatori pastorali presenti su tutto il territorio nazionale, il lavoro ha consentito l’identificazione di cinque profili di parrocchie. Il primo, quello cha abbiamo chiamato media-impermeabile, corrisponde a quelle comunità che rigettano i media, li esclude volutamente e non li considera in nessun modo parte della propria esperienza. Il secondo intercetta la comunità neofita tipica di chi si sta avvicinando ai media e che sceglie soprattutto un accesso di tipo strumentale (come quando si da un’occhiata in Rete per cercare materiale da usare per gli incontri con i ragazzi). Il terzo è quello della comunità potenziata, ovvero una comunità che usa frequentemente i dispositivi digitali, sfruttando così la possibilità di estendere le relazioni oltre il tempo condiviso nei contesti parrocchiali. Il quarto profilo è rappresentato dalla comunità festiva, termine scelto proprio per contrapporlo all’uso feriale dei media, ma anche per sottolineare l’idea celebrativa e conviviale della festa: si tratta di una comunità che attiva la partecipazione dei suoi membri, utilizzando il potenziale connettivo dei media, ma lo fa solo in occasione di eventi speciali (la festa patronale, il centro estivo, ecc.). L’ultimo profilo, legato ad un uso creativo dei media e alla concezione di una comunità che vive oltre la presenza (pur comprendendo questa dimensione), è identificato nella comunità connessa che usa le tecnologie abitualmente, per favorire la partecipazione e l’inclusione di tutti, come vero e proprio tessuto connettivo (Shirky & Bourlot, 2010). I media sono scelti, in questo caso, come aggregatori della comunità, attraverso un approccio attivo e partecipativo che punta al lavoro di gruppo e alla riflessione sulle implicazioni dei media per la comunità. Il lavoro di profilatura può offrire un importante spunto per la riflessione: gli operatori pastorali comprendono il significato sociale e culturale dei media e li sanno adattare al lavoro pastorale? Oppure li usano mentre continuano a proporre “vecchie pratiche”?

“La pastorale giovanile non può non essere sinodale, vale a dire capace di dare forma al camminare insieme” (Christus Vivit: 206). Come lasciare un segno in questo tempo? Provando a prendere sul serio l’occasione offerta dai media. Collaborare, creare e generare, oltre ad essere azione proprie dei media, sembrano anche i tre verbi chiave per rendere una pastorale sinodale: i media non sono un ostacolo al lavoro, ma un’occasione per cucire legami comunitari innovando le nostre pratiche senza però trasporre al digitale gli incontri cui siamo abituati a offrire in presenza.


Bibliografia


I. Maffeis, P. C. Rivoltella (2019), Introduzione in, Papa Francesco, Dalle communities alle comunità. Commenti al Messaggio di Papa Francesco, ELS La Scuola, Brescia.


P.C. Rivoltella (2017), Tecnologie di comunità, ELS La Scuola, Brescia.

Papa Francesco (2019), Dalle communities alle comunità. Commenti al Messaggio di Papa Francesco, ELS La Scuola, Brescia.


Papa Francesco (2019), Christus Vivit. Esortazione Apostolica Postsinodale ai giovani e a tutto il

Popolo di Dio, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano.


C. Shirky, S. Bourlot (2010). Surplus cognitivo. Creatività e generosità nell’era digitale, Codice, Torino.

Scheda a cura del gruppo Pastorale Web del CREMIT (Alessandra Carenzio, Elisa Farinacci, Eleonora Mazzotti, Marco Rondonotti), Università Cattolica del Sacro Cuore.

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